DETENUTI ITALIANI: TRATTAMENTI INUMANI

 A passo di lumaca le riforme strutturali delle carceri  
Da “Tutti dentro”, indimenticabile film di Albero Sordi, a “Tutti a casa”.
 
CancelliriLe carceri italiane continuano a essere una vergogna nazionale: nel maggio 2013 la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha sospeso l’esame di numerosi ricorsi di detenuti nelle carceri italiane fino al maggio 2014, concedendo un anno di tempo all’Italia per risolvere il problema.
La Corte impone che ciascun detenuto abbia a disposizione, in cella, uno spazio non inferiore ai tre metri quadrati. Sotto questa soglia la detenzione è considerata tortura: L’Europa ricordato  all’Italia che: “nessuno può essere sottoposto a pene o trattamenti inumani, in altre parole degradanti”.
 
 
 
La Ministra della Giustizia,          
Annamaria Cancellieri                          
 
Ecco che arriva l’intimazione di “adottare incisive riforme strutturali per contenere, se non risolvere, il fenomeno del sovraffollamento penitenziario.
Invece di adottare le incisive riforme strutturali, richieste dalla Corte e, ancor prima, dalla Commissione mista per lo studio dei problemi della Magistratura di Sorveglianza, la quale aveva chiesto: “ riforme strutturali affinché in carcere non entrino, né restino coloro per i quali la detenzione non è strettamente necessaria”, si assumerebbero soltanto misure per anticipare alcune uscite dal carcere e altre per limitarne le entrate.
 
Occorre rilevare che il previsto ampliamento delle carceri potrebbe concludersi – “tesoretto” permettendo – non prima del 2020.
 
Rimane anche il grosso problema dei detenuti in attesa di giudizio: si tratta del 35% della popolazione carceraria, di cui il 18 per cento ancora in attesa del primo grado.
 
La Ministra Cancellieri avrebbe qualche idea che potrebbe approdare in Parlamento, in sede di approvazione del Decreto legge del 17 dicembre 2013.
La soluzione del sovraffollamento delle carceri, quindi, non è quella di trasferire i detenuti dal carcere a casa, di cancellare il reato, di ridurre la pena, di estendere la possibilità d’accesso all’affidamento in prova al servizio sociale o di applicare una maggiore elasticità per l’esecuzione della pena presso il domicilio.
E’ ovvio che, tra amministia e indulto, il male minore sia la soluzione alternativa alla detenzione.
Il vero problema – che rimane e che sembra non si voglia risolvere in tempi brevi – è la condizione strutturale delle carceri, che continuerebbe a permanere per gli anni futuri.
 
Si sostiene che i provvedimenti del Decreto Legge del 17 dicembre  2013, sul sovraffollamento carcerario, hanno l’obiettivo di restituire ai detenuti un effettivo esercizio dei diritti fondamentali.
Tra le annunciate novità, che approderanno in Parlamento, ricordiamo che:
1)  sarà istituita la figura del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o comunque private della libertà personale;
2)  è previsto un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza;
3)  verranno introdotte norme dirette a semplificare la trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza, sulla quale graverà, in termini organizzativi, il peso dell’intervento d’urgenza;
4)  si darà concreta attuazione alla norma contenuta nell’art.16 della legge Bossi-Fini;
5)  si amplierà l’utilizzo del braccialetto elettronico nel luogo di dimora e per la detenzione domiciliare che – secondo il Ministero della giustizia – rappresenta una sicura garanzia in ordine al mantenimento di adeguati standard di controllo istituzionale sugli autori di reato;
6)  sarà un Collegio di Giudici a valutare la carcerazione preventiva e non più il CIP;
7)  per i piccoli reati il Governo vorrebbe introdurre la possibilità di archiviarle;
8)  in caso di riforme di sentenze di patteggiamento, dove è sbagliato il calcolo della  lunghezza della pena. anziché proporre ricorso presso altro giudice, la nuova  normativa dovrebbe prevedere che la correzione venga fatta d’ufficio da chi ha emesso il provvedimento.
 
Poiché i dati delle precedenti amministie o indulto ci dicono del ritorno in carcere della massa di detenuti condannati per piccoli reati, come ad  esempio lo spaccio di stupefacenti, cui fa riferimento il Decreto Legge del 17 dicembre 2013, si pone l’interrogativo sull’efficacia, in termini temporali, degli arresti domiciliari o dello sconto della pena, anche ai fini del rispetto delle fondamentali richieste di sicurezza avanzate dalla collettività.